A WILLIAM CHARLES JARVIS
Monticello, 28 Settembre, 1820.
Vi ringrazio, Signore, per la copia del vostro "Republican"(*) che siete stato così gentile da inviarmi, e avrei dovuto ringraziarVi prima, ma sono appena tornato a casa da una lunga assenza. Non ho ancora avuto il tempo di leggerlo con attenzione, ma ad una lettura superficiale vi scorgo molto da approvare, e sarei grato se esso potesse condurre la nostra gioventù alla pratica di ragionare su tali argomenti e su loro stessi. Sarebbe da sperare che esso abbia questo orientamento, e per questa ragione sento la necessità di segnalarVi un errore che ritengo possa essere contenuto in esso, la segnalazione della quale si rende necessaria giacché la vostra opinione è fortificata da quella di molti altri.
Sembra che Voi, alle pagine 48 e 148, consideriate i giudici come arbitri ultimi di tutte le questioni che riguardano la Costituzione; una dottrina invero pericolosa, e una che ci potrebbe sottoporre al dispotismo di un oligarchia. I nostri giudici sono onesti tanto quanto gli altri uomini, e non di più di questo. Essi hanno, come altri, la stessa passione per i partiti, i poteri e i privilegi della loro corporazione. La loro massima è “boni judicis est ampliare jurisdictionem,” e il loro potere è tanto più pericoloso quando la loro carica è vitalizia, e non sono responsabili, come altri funzionari, di fronte ad un controllo elettivo. La Costituzione non ha istituito un tale tribunale unico, sapendo che a qualsiasi mano venga affidato, con la corruzione del tempo e delle partigianerie, i suoi membri diventerebbero despoti. Essa ha più saggiamente reso tutti i dipartimenti eguali e sovrani per sè stessi. Se il potere legislativo non riesce a far passare una legge per il censimento, per pagere i giudici e altri funzionari del governo, per stabilire una milizia, per la naturalizzazione come prescritto dalla costituzione, o se non riesce a riunirsi al congresso, i giudici non possono inviare un ingiunzione; se il Presidente non riesce ad assegnare una carica di giudice, a nominare altri funzionari civili o militari, a istituire le necessarie commissioni, i giudici non possono costringerlo. Essi non possono emettere ingiunzioni e restrizioni a qualsiasi funzionario legislativo o esecutivo per costringerlo a compiere i suoi doveri d'ufficio, non diversamente dal Presidente o da un membro del congresso che non possono dare ordini a un giudice o ai suoi funzionari.
Traditi dall'esempio britannico e inconsapevoli, come sembrerebbe, del controllo della nostra Costituzione in questi particolari, essi hanno a volte scavalcato i loro limiti assumendosi la responsabilità di comandare funzionari dell'esecutivo, noncuranti dei doveri esecutivi di questi; ma la costituzione, mantenendo queste tre funzioni distinte e indipendenti, limita il potere dei giudici agli organi giudiziari, così come i poteri esecutivo e legislativo sono limitati agli organi esecutivi e legislativi. Certamente i giudici hanno più frequenti occasioni per agire su questioni costituzionali, poichè le leggi sulla proprietà e sulle azioni criminali, essendo la gran massa del sistema delle leggi, costituiscono l'ambito del loro particolare dipartimento. Quando funzionari dell'esecutivo o del legislativo agiscono in maniera incostituzionale, sono responsabili verso il popolo nella loro eleggibilità. L'esenzione dei giudici da questa possibilità è abbastanza pericolosa in sè. Non conosco alcun altro sicuro deposito del fondamentale potere della società che il popolo stesso; e se noi pensiamo che essi non siano abbastanza illuminati da esercitare il loro controllo in piena discrezionalità, il rimedio non è di privargliene, ma informare la loro discrezionalità con l'educazione. Questo è il vero correttivo degli abusi del potere costituzionale.
Vogliate perdonarmi, Signore, per questa differenza d'opinioni. Il mio interesse personale in queste faccende è completamente esaurito, ma non il mio desiderio per la più lunga continuità possibile del nostro governo nei suoi principi più puri; qualora i tre poteri mantengano la loro reciproca indipendenza dagli altri potrebbe durare molto, ma non sarebbe così se ognuno pretendesse di assumersi le autorità degli altri. Vi chiedo una sincera riconsiderazione di questa materia, e sono sufficientemente sicuro che arriverete ad una conclusione imparziale.
Vogliate accettare l'assicurazione del mio grande rispetto.
Thomas Jefferson
TO WILLIAM CHARLES JARVIS
Monticello, September 28, 1820.
I thank you, Sir, for the copy of your Republican(*) which you have been so kind as to send me, and I should have acknowledged it sooner but that I am just returned home after a long absence. I have not yet had time to read it seriously, but in looking over it cursorily I see much in it to approve, and shall be glad if it shall lead our youth to the practice of thinking on such subjects and for themselves. That it will have this tendency may be expected, and for that reason I feel an urgency to note what I deem an error in it, the more requiring notice as your opinion is strengthened by that of many others. You seem, in pages 84 and 148, to consider the judges as the ultimate arbiters of all constitutional questions; a very dangerous doctrine indeed, and one which would place us under the despotism of an oligarchy. Our judges are as honest as other men, and not more so. They have, with others, the same passions for party, for power, and the privilege of their corps. Their maxim is “boni judicis est ampliare jurisdictionem,” and their power the more dangerous as they are in office for life, and not responsible, as the other functionaries are, to the elective control. The constitution has erected no such single tribunal, knowing that to whatever hands confided, with the corruptions of time and party, its members would become despots. It has more wisely made all the departments co-equal and co-sovereign within themselves. If the legislature fails to pass laws for a census, for paying the judges and other officers of government, for establishing a militia, for naturalization as prescribed by the constitution, or if they fail to meet in congress, the judges cannot issue their mandamus to them; if the President fails to supply the place of a judge, to appoint other civil or military officers, to issue requisite commissions, the judges cannot force him. They can issue their mandamus or distringas to no executive or legislative officer to enforce the fulfilment of their official duties, any more than the president or legislature may issue orders to the judges or their officers. Betrayed by English example, and unaware, as it should seem, of the control of our constitution in this particular, they have at times overstepped their limit by undertaking to command executive officers in the discharge of their executive duties; but the constitution, in keeping three departments distinct and independent, restrains the authority of the judges to judiciary organs, as it does the executive and legislative to executive and legislative organs. The judges certainly have more frequent occasion to act on constitutional questions, because the laws of meum and tuum and of criminal action, forming the great mass of the system of law, constitute their particular department. When the legislative or executive functionaries act unconstitutionally, they are responsible to the people in their elective capacity. The exemption of the judges from that is quite dangerous enough. I know no safe depository of the ultimate powers of the society but the people themselves; and if we think them not enlightened enough to exercise their control with a wholesome discretion, the remedy is not to take it from them, but to inform their discretion by education. This is the true corrective of abuses of constitutional power.
Pardon me, Sir, for this difference of opinion. My personal interest in such questions is entirely extinct, but not my wishes for the longest possible continuance of our government on its pure principles; if the three powers maintain their mutual independence on each other it may last long, but not so if either can assume the authorities of the other. I ask your candid re-consideration of this subject, and am sufficiently sure you will form a candid conclusion.
Accept the assurance of my great respect.
Thomas Jefferson
(*) = "The Republican : or, a series of essays on the principles and policy of free states : having a particular reference to the United States of America and the individual states" di William C. Jarvis
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