30 ottobre, 2010

Mentecatti

A Mathew Carey
Poplar Forest, nei pressi di Lynchburg, 11 Novembre 1816

Caro Signore,

-- ho ricevuto qui (dove passo una gran quantità del mio tempo) la Vostra del 22 Ottobre, che parla di un prospetto della nuova edizione della vostra "Olive Branch". La sottoscrivo con piacere, poichè ritengo abbia fatto e continuerà a fare un gran bene, nel tenere uno specchio davanti ad entrambi i partiti, rendendo manifesti ad entrambi i loro errori politici. Parte dei quali sono miei, non sono abbastanza vanitoso per dubitarne, e qualcuno l'ho davvero riconosciuto. Comunque ve n'è uno nel vostro libro che io non riconosco, benchè a me attribuito, e siccome questo è l'argomento di questa lettera, e ho la penna in mano, poco dirò su di esso. E' la mia decisione di respingere un trattato con la Gran Bretagna senza sottoporlo al Senato. Credo che non sia mai stato negato che un presidente abbia il diritto di rifiutare un trattato dopo che la sua ratifica sia stata consigliata dal Senato, quindi di certo egli può farlo prima di quel consiglio: e nel caso egli abbia già preso la decisione di respingerlo, è più rispettoso nei confronti del Senato farlo senza piuttosto che contro il loro consiglio. Non si può dire che il loro consiglio possa metterlo in una luce diversa. Il loro consiglio altro non è se non una spoglia risoluzione fatta di "si" o "no", senza assegnare una singola ragione o motivo.

Mi chiedete se ho intenzione di pubblicare alcunchè sull'argomento della mia lettera all'amico Charles Thompson? Sicuramente no. Non scrivo per pubblicare, e men che meno sull'argomento religione. Sui dogmi della religione così come sono separati dai principi morali, gli uomini, dall'inizio del mondo fino ad oggi, hanno litigato, si sono combattuti, bruciati e torturati vicendevolmente, per astrazioni incomprensibili a loro stessi e agli altri, e completamente al di fuori della comprensione della mente umana. Se entrassi in tale arena, non farei altro se non aggiungere una mera unità al numero dei mentecatti.

Accettate le asssicurazioni della mia grande stima e rispetto.

Thomas Jefferson





TO MATTHEW CAREY
Poplar Forest near Lynchburg, Nov. 11, 16.

Dear Sir,

—I received here (where I pass a good deal of my time) your favor of Oct. 22. covering a Prospectus of a new edition of your Olive branch. I subscribe to it with pleasure, because I believe it has done and will do much good, in holding up the mirror to both parties, and exhibiting to both their political errors. That I have had my share of them, I am not vain enough to doubt, and some indeed I have recognized. There is one however which I do not, altho’ charged to my account, in your book, and as that is the subject of this letter, & I have my pen in my hand, I will say a very few words on it. It is my rejection of a British treaty without laying it before the Senate. It has never, I believe, been denied that the President may reject a treaty after it’s ratification has been advised by the Senate, then certainly he may before that advice: and if he has made up his mind to reject it, it is more respectful to the Senate to do it without, than against their advice. It must not be said that their advice may cast new light on it. Their advice is a bald resolution of yea or nay, without assigning a single reason or motive.

You ask if I mean to publish anything on the subject of a letter of mine to my friend Charles Thompson? Certainly not. I write nothing for publication, and last of all things should it be on the subject of religion. On the dogmas of religion as distinguished from moral principles, all mankind, from the beginning of the world to this day, have been quarrelling, fighting, burning and torturing one another, for abstractions unintelligible to themselves and to all others, and absolutely beyond the comprehension of the human mind. Were I to enter on that arena, I should only add an unit to the number of Bedlamites.
Accept the assurance of my great esteem and respect.


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