17 ottobre, 2010

All eyes are opened


A ROGER C. WEIGHTMAN
MONTICELLO, 24 giugno, 1826

STIMATO SIGNORE, -Il gentile invito che ricevo da Voi, per conto dei cittadini di Washington, di presenziare con loro alla celebrazione del cinquantesimo anniversario dell'Indipendenza Americana, in qualità di uno dei firmatari sopravvissuti di uno strumento così importante per noi, e i destini del mondo, è oltremodo lusinghiero per me, e accresciuto dall'onorabile accompagnamento che mi proponete per rendere confortevole un simile viaggio.
La sofferenza della malattia è sensibilmente acuita dall'essere privato dalla stessa della mia personale partecipazione al giubilo di quella giornata.
Purtroppo l'acquiescenza è obbligo, nelle circostanze che non sono tra quelle che ci è permesso controllare.
Avrei voluto, sinceramente, con particolare gioia, incontrare e congratularmi personalmente con quel piccolo gruppo, i rimanenti di quella meritevole schiera, che si unì a noi in quel giorno, nella coraggiosa e incerta scelta che facemmo per il nostro paese, tra la sottomissione o la spada; avrei voluto anche felicitarmi con loro della consolatoria constatazione che i nostri concittadini, dopo mezzo secolo di esperienza e prosperità, continuano ad approvare la scelta che facemmo.
Che questo sia per il mondo, quello che io credo che sia, (per alcune parti prima, più tardi per altre, ma finalmente a tutte,) il segnale che spinga gli uomini a spezzare le catene alle quali l'ignoranza monacale e la superstizione li hanno forzati a legarsi, e ad assumersi le benedizioni e la sicurezza dell'autogoverno. Quella forma con la quale abbiamo sostituito la precedente, che reintegra il libero diritto all'illimitato esercizio della ragione e della libertà d'opinione.
Tutti gli occhi sono aperti, o si stanno aprendo, sui diritti degli uomini.
Il generale diffondersi della luce della scienza ha già lasciato aperto alla vista di tutti la concreta verità, che la maggioranza dell'umanità non è nata con la sella sulla groppa, e nemmeno che una privilegiata minoranza è nata con stivali e speroni, pronta a cavalcare gli altri in piena legittimità, per grazia di Dio.
Queste sono le fondamenta della speranza per altri.
Per noi, che il ricorrere annuale di questo giorno rinvigorisca il ricordo di questi diritti, e la non sminuita devozione per essi. Chiedo qui licenza di esprimere il piacere con il quale avrei voluto incontrare i miei antichi vicini della città di Washington e dintorni, con i quali ho passato così tanti anni di piacevoli rapporti sociali, rapporti che così tanto hanno mitigato le ansie del pubblico ufficio, e hanno lascito tracce così profondamente scolpite nei miei affetti, che mai potrei dimenticare.
Con il rimpianto che la mia salute malferma mi proibisca la gratifica di un consenso, Vi prego di accettare per Voi stesso e per coloro i quali scrivete, l'assicurazione del mio più grande rispetto e amichevole affetto.





TO ROGER C. WEIGHTMAN.
MONTICELLO, June 24, 1826.
RESPECTED SIR,-The kind invitation I receive from you, on the part of the citizens of the city of Washington, to be present with them at their celebration on the fiftieth anniversary of American Independence, as one of the surviving signers of an instrument pregnant with our own, and the fate of the world, is most flattering to myself, and heightened by the honorable accompaniment proposed for the comfort of such a journey.
It adds sensibly to the sufferings of sickness, to be deprived by it of a personal participation in the rejoicings of that day.
But acquiescence is a duty, under circumstances not placed among those we are permitted to control.
I should, indeed, with peculiar delight, have met and exchanged there congratulations personally with the small band, the remnant of that host of worthies, who joined with us on that day, in the bold and doubtful election we were to make for our country, between submission or the sword; and to have enjoyed with them the consolatory fact, that our fellow citizens, after half a century of experience and prosperity, continue to approve the choice we made.
May it be to the world,what I believe it will be, (to some parts sooner, to others later, but finally to all,) the signal of arousing men to burst the chains under which monkish ignorance and superstition had persuaded them to bind themselves, and to assume the blessings and security of self-government. That form which we have substituted, restores the free right to the unbounded exercise of reason and freedom of opinion.
All eyes are opened, or opening, to the rights of man. 
The general spread of the light of science has already laid open to every view the palpable truth, that the mass of mankind has not been born with saddles on their backs, nor a favored few booted and spurred, ready to ride them legitimately, by the grace of God.
These are grounds of hope for others.
For ourselves, let the annual return of this day forever refresh our recollections of these rights, and an undiminished devotion to them. I will ask permission here to express the pleasure with which I should have met my ancient neighbors of the city of Washington and its vicinities, with whom I passed so many years of a pleasing social intercourse; an intercourse which so much relieved the anxieties of the public cares, and left impressions so deeply engraved in my affections, as never to be forgotten.
With my regret that ill health forbids me the gratification of an acceptance, be pleased to receive for yourself and those for whom you write, the assurance of my highest respect and friendly attachments.

THOMAS JEFFERSON

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